Alma Mater Studiorum - Università di Bologna
Oggetti-simbolo:
produzione, uso e significato
nel mondo antico
a cura di
Isabella Baldini Lippolis, Anna Lina Morelli
ESTRATTO
Ornamenta
3
Con il contributo di
© 2011 Ante Quem soc. coop.
Ante Quem soc. coop.
Via San Petronio Vecchio 6, 40125 Bologna - tel. e fax +39 051 4211109
www.antequem.it
redazione e impaginazione: Enrico Gallì, Cristina Servadei
ISBN 978-88-7849-056-7
Finito di stampare nel mese di maggio 2011 da Officine Grafiche Litosei, Rastignano (Bo)
Impianti: Color Dimension, Villanova di Castenaso (Bo)
INDICE
Isabella Baldini Lippolis, Anna Lina Morelli
Introduzione
7
Lorenza Ilia Manfredi
Le monete puniche e neopuniche riutilizzate
nei contesti tombali di Ibiza
9
Simona Russo
Gioielli e papiri
29
Daniela Rigato
Tra pietas e magia: gemme e preziosi offerti alle divinità
41
Cinzia Cavallari, Caterina Cornelio Cassai
Gemme e preziosi di età romana da Bononia:
i contesti archeologici degli scavi della nuova Stazione
57
Irene Somà
Aurea mediocritas: le immagini delle Augustae
in metalli nobili tra autorappresentazione e omaggio al potere
89
Anna Lina Morelli
La patera di Rennes: analisi numismatica
105
Luigi M. Caliò
La patera di Rennes. Uno studio iconologico
129
Adelmo Garuti, Gian Lorenzo Calzoni
Una copia della patera di Rennes
151
3
Erica Filippini
Ritratti di Augustae nella gioielleria monetale di età romana:
raccolta e sintesi preliminare di dati
155
Claudia Perassi
L’anello da Amiens.
Un caso di studio della gioielleria monetale romana
173
Beatrice Girotti
I ritratti di Zenobia nella Historia Augusta
tra simbologia e inventio
195
Isabella Baldini, Joan Pinar Gil
Spilloni con pendenti da contesti funerari della Romagna:
una prima riflessione
211
Veronica Zanasi
Anelli nuziali tardoantichi: uso e significato
229
Dieter Quast
Symbolic Treasures in Barbarian Burials (3rd-7th century AD)
253
Paolo de Vingo
Objets de tradition et objets de la transition
dans les pratiques de la classe aristocratique lombarde
masculine sur le territoire piémontais
269
Manuela Catarsi
Elementi di cinture ageminate
dalle necropoli longobarde dell’Emilia occidentale
Appendice: Le analisi chimiche di Paolo Zannini
315
Federica Pannuti
Lamine auree bizantine dalla Calabria
337
Daniela Ferro
Perizia Tecnica e Sapere Scientifico nel gioiello antico
353
4
Indice
Carla Martini, Gian Luca Garagnani
Archeometallurgia: metodi di indagine, casi di studio
e raccolta dati per il database JiC
369
Anna Maria Capoferro Cencetti
I camei in lava del Vesuvio: storia e mito, arcano e realtà
375
Paola Porta
Ancora sull’arte anglosassone: il calice di Tassilone
421
Alessandro Pacini, Marco Casagrande
Tecniche di ricostruzione del crescente lunare in oro
del Fayum (I secolo d.C.)
437
Maria Teresa Guaitoli, Franco Marzatico
I monili “in Mostra”: l’eloquenza degli ornamenti
nella comunicazione museale
455
Cap. Carmelo Manola
Il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale
467
5
L’ANELLO
DA AMIENS. UN CASO DI STUDIO DELLA
GIOIELLERIA MONETALE ROMANA
Claudia Perassi
ABSTRACT: A gold ring in which a gold quinarius coin of Maximinus Thrax was
discovered by chance in Amiens (Somme) in 1790. The coin became a part of
the Pellerin collection and was already described and illustrated by Count
Caylus in the fifth volume of his Recueil d’antiquités (1762), now kept in the
Bibliothèque Nationale in Paris and to this day is still one of the most lavish coin
rings known. The ring was chosen to explore the chronological, typological and
social aspects of this kind of coin jewellery as to compensate for the lack of reliable contemporary literary and iconographic sources that could approach it.
KEYWORDS: Roman jewellery, Coin jewellery, Coin rings, Roman currency,
Maximinus Thrax.
La gioielleria monetale romana, dopo la pubblicazione nel 1992
del catalogo dei ritrovamenti dai territori occidentali dell’Impero,
curato da Claude Brenot e Catherine Metzger1, gode oggi di un rinnovato interesse di studio, grazie anche alla scoperta di qualche
nuovo pezzo che, rispetto a quelli rinvenuti in passato, può essere
indagato con un corredo di dati allora impensabile2. È così possibile
sopperire, in parte, alla mancanza di sicure fonti letterarie ed iconografiche contemporanee accostabili a tale classe di monili, per
meglio definirne gli aspetti cronologici, tipologici e sociali.
1. FONTI
LETTERARIE E ICONOGRAFICHE PER LO STUDIO DEI GIOIELLI MONETALI
Sono piuttosto scettica nell’interpretare come riferiti a gioielli
monetali alcuni passi di autori antichi relativi a punizioni inflitte a rap1
2
BRENOT, METZGER 1992.
È il caso, per esempio, del pendente con moneta aurea di Salonino da una sepoltura della necropoli dell’Università Cattolica di Milano (PERASSI 2003a; PERASSI
2003b) e di un pendente con aureo di Gordiano III da indagini archeologiche condotte nel quartiere di Vaise a Lione (BARATTE, METZGER, AUBIN 1999, pp. 127-130),
entrambi venuti alla luce nei passati anni Novanta.
173
Claudia Perassi
presentanti del rango equestre e consolare, oltre che ad uno schiavo, per le azioni disdicevoli da loro commesse mentre “portavano” o
“avevano” una moneta con il ritratto imperiale3. In tali attestazioni,
talora forzate fino a farne una testimonianza dello sfoggio di monete
sul petto, agganciate a una catena4, le locuzioni ™n kovlpoij ed ™p…
kolpivdion mi paiono molto più semplicemente fare riferimento a
monete portate nel kovlpoj/sinus, ossia nel lembo della toga avvolto
intorno al petto e al braccio sinistro, che poteva assumere la funzione di una tasca, nella quale conservare piccoli oggetti. Più attendibile è il riferimento di Sesto Pomponio ad antiche monete d’oro e d’argento utilizzate pro gemmis (Dig. VII, 1, 28). Il giurista, attivo nel II
secolo d.C., sembra infatti descrivere quello che la realtà archeologica ha così spesso restituito ai nostri occhi, ossia l’inserimento con
funzione esornativa di monete in oggetti dell’ornamento personale, in
luogo delle gemme, come era più consueto. La corretta interpretazione del passo è in realtà più complessa di quanto possa apparire ad
una prima lettura, sia per quanto attiene la sua effettiva pertinenza al
trattato di Pomponio, sia per la qualifica di vetera assegnata ai nomismata aurei ed argentei, sia infine per gli aspetti propriamente giuridici che rimandano all’istituto dell’usufrutto. Ma su tutto ciò non mi
soffermo in questa sede5.
Le fonti iconografiche normalmente accostate ai gioielli monetali
sono alcuni ritratti femminili dal Fayyum e qualche altorilievo,
anch’esso muliebre, da Palmira, databili fra la metà del II e gli inizi del
III secolo d.C.6. La qualità impressionistica dei primi non rende però
indubitabile la natura monetale dei pendenti aurei indossati, coesistendo con la possibilità che siano invece riprodotti medaglioni con
al centro una testa di Medusa, ben attestati nella produzione orafa
dell’Egitto romano7. Ancora meno pregnante è il confronto con i rilievi palmireni, poiché i ciondoli sono nella massima parte dei casi del
tutto aniconici, ovvero ornati da busti talmente prominenti da non
3
4
5
6
7
174
Si tratta di Filostrato, Vita Apoll. I, 15; Dio LXXVIII 16, 5, 1; Dio Mai 81, p. 554; Dio
Const. Man. v. 1975-1979.
KUHN 1965, pp. 155-156; BRUHN 1993, p. 54, nota 3.
Vedi le preliminari osservazioni avanzate in PERASSI 2004, p. 914.
Vedi, per es., BRUHN 1993, pp. 31-32; FACSÁDY 1999-2000, p. 271. Il pezzo più
significativo in tal senso è un ritratto da Antinoopolis, datato al 140-160 d.C., ora
al Detroit Institute of Arts (n. inv. 25.2; vedi PARLASCA 1966, p. 126, nn. 1.3, tav. 31,
nn. 2.4).
WALKER, BIERBRIER 1997, n. 171.
L’anello da Amiens. Un caso di studio della gioielleria monetale romana
poter essere agevolmente ricondotti a ritratti monetali8. I dipinti e i
rilievi attestano, comunque, la predilezione del tempo per un’oreficeria dalla decorazione vistosa, che ritroviamo anche nei contemporanei monili monetali.
La sola fonte attendibile restano dunque i gioielli stessi9, rappresentati per noi soprattutto dai pendenti, pervenuti isolati, così da far
ipotizzare una loro originaria sospensione a semplici supporti in tessuto o cuoio, ovvero agganciati, singolarmente o in serie, a catene
metalliche. Pochissimi sono di contro i bracciali e le spille documentati. Fra i due estremi si pone la categoria degli anelli, attestata – ad
oggi – da poco più di venti esemplari10. La rarità della classe risalta
immediatamente dal confronto con l’invece assai comune utilizzo di
anelli nel mondo romano: richiamo il dato, non esaustivo, proposto
da Hèlène Guiraud ormai vent’anni fa, di oltre 3.000 pezzi rinvenuti
nella sola Gallia11. A quanto mi risulta, il solo anello con moneta rinvenuto in recenti indagini archeologiche è rappresentato da quello in
argento frammentato, decorato con un denario di Settimio Severo e
Caracalla del 201-202, venuto alla luce nel corso degli scavi attuati
fra il 1973 e il 1974 nella necropoli di Chichester (West Sussex)12. La
documentazione comprende pertanto essenzialmente esemplari
musealizzati, di frequente privi di qualsiasi indicazione circa il luogo
e la modalità di recupero, come è per quello con moneta di
Diocleziano conservato al British Museum13; altri dei quali è nota solo
la località in cui furono scoperti, come è per l’esemplare in argento
con denario di Sabina dalla Svizzera Occidentale14; altri ancora per i
quali è possibile ricostruire – più o meno puntualmente – il contesto
di ritrovamento. Non pochi pezzi, invece, sono per noi definitivamen-
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14
Vedi, per esempio, CLAUSS 2002, p. 84, fig. 96; p. 92, fig. 105; BRUHN 1993, p. 18,
fig. 18.
La documentazione spazia da esemplari musealizzati o pubblicati in cataloghi
d’asta, dei quali è ignota l’occasione e la modalità della scoperta, a pezzi rinvenuti all’interno di tesori, o in sepolture o in ambiti insediativi o privi di un contesto preciso. Le potenzialità offerte allo studioso variano naturalmente a seconda delle
diverse tipologie di ritrovamento e della modalità di recupero degli oggetti.
Per un’aggiornata presentazione dei pezzi noti, vedi PERASSI c.d.s.
GUIRAUD 1989.
DOWN 1978, pp. 7-11; JOHNS 1996, p. 58. Il monile è conservato presso il
Chichester District Museum.
MARSHALL 1907, n. 264 (ex collezione Braybrooke; lascito Franks, 1897; sulla insicura identificazione del nominale come un aureo, vedi oltre, nota 70).
HENKEL 1913, n. 1856 (Neuchatel, Collezione Clément).
175
Claudia Perassi
te perduti: alcuni vennero rubati o venduti subito dopo essere stati
rinvenuti, facendo perdere così le proprie tracce, come fu rispettivamente per l’anello con aureo di Pertinace dissotterrato nei sobborghi
di Orléans nel 1878 e per quello con aureo di Marco Aurelio ritrovato
quasi vent’anni prima a Levesville-la-Chenard15. Alcuni esemplari,
infine, apparsi anche recentemente sul mercato antiquario, sono poi
confluiti in ignote raccolte private: cito il raro anello con solido di
Onorio battuto nel 1995 in un’asta svizzera, con l’indicazione topografica «da Velp»16. La memoria di tutti questi pezzi è pertanto affidata ormai soltanto a qualche breve notizia relativa al loro rinvenimento, a disegni o a fotografie.
2. L’ANELLO
DA
AMIENS
La massima parte degli anelli monetali venne alla luce – più o
meno casualmente – nel corso dell’Ottocento. Un esemplare è di
ancora più antica scoperta e rappresenta pertanto uno dei primi gioielli monetali sui quali si appuntò l’attenzione degli antiquari del XVIII
secolo. Nel Recueil d’Antiquités égyptiennes, étrusques, grecques,
romaines et gauloises di Anne-Claude-Philippe de Tubières, conte di
Caylus (1692-1765; fig. 1)17, il tomo V, edito nel 1762 e dedicato alle
popolazioni della Gallia18, cita dunque uno dei più sontuosi anelli
monetali a tutt’oggi noti19.
2.1 LA
MONETA
L’interesse dell’autore è rivolto in primo luogo alla moneta. Inizia
infatti la descrizione del monile con queste parole: «M. Pellerin m’a
15
16
17
18
19
176
Il primo era stato chiaramente illustrato in DESNOYERS 1895-1897; del secondo
resta solo una menzione bibliografica (vedi oltre, nota 58).
Società di Banca Svizzera, Gold and Silber Münzen, September 1995, n. 437. La
località del rinvenimento coincide con quella dell’ingente tesoro recuperato nel
1715. Costituito da monete auree precedenti al 423-425, comprende anche cinque pendenti d’oro con multipli monetali, uno dei quali a nome di Onorio (sul tesoro, vedi, da ultimo, MORELLI 2010, pp. 142-148).
Sulla figura del conte di Caylus, vedi AGHION 2002; sugli aspetti numismatici della
sua opera, DE CALLATAŸ c.d.s.
Sulla accuratissima metodologia seguita nella compilazione del Recueil
d’Antiquités, vedi AGHION 2002, p. 25; SCHNAPP 2002.
CAYLUS 1762, pp. 313-316, tav. CXII, nn. I-II.
L’anello da Amiens. Un caso di studio della gioielleria monetale romana
Fig. 1. Ritratto postumo del
Conte di Caylus, 1766
(Frontespizio del t. VII del
Recueil d’Antiquités)
prêté ce Quinaire d’or pour le faire graver: il est monté en bague et
dans son ancienne monture; il pourra satisfaire; en premier lieu, la
curiosité des Médaillistes»20. L’anello apparteneva pertanto all’ingente collezione di Joseph Pellerin (1684-1782)21, costituita da oltre
33.000 monete, che venne acquistata nel 1776 da Luigi XVI. Nel 1858
Anatole Chabouillet indica l’anello monetale dall’ex raccolta Pellerin
come ormai presente nel Cabinet des Médailles della Bibliotèque
Impériale22 (oggi Nationale, inv. n. 1266).
20
21
22
CAYLUS 1762, p. 313.
Nel Recueil d’Antiquités confluirono oggetti della ricchissima collezione del conte,
ma anche pezzi che vennero a lui affidati per essere studiati. Su Pellerin, vedi GIARD
1995; sui suoi rapporti amicali con il conte di Caylus, che si esplicitarono anche
nel dono di oggetti archeologici, vedi AGHION 2002, p. 25.
CHABOUILLET 1858, p. 388, n. 2636 (i dati sul ritrovamento sono indicati nelle
Additions et Corrections, p. 626). Vedi anche MOWAT 1888, p. 235.
177
Claudia Perassi
Il conte di Caylus rileva poi l’estrema rarità del nominale. «Les
médailles de Maximus», – scrive – «très-rares en elles-mèmes, sont
encore moins communes de ce module, puisque l’on ne connoissoit
jusqu’ici que celle du Cabinet du Roi»23. La moneta, in realtà un
esemplare a nome di Massimino il Trace e non del figlio Massimo,
non viene descritta né negli aspetti iconografici né in quelli epigrafici, ma solo riprodotta con esattezza alla tav. CXII (fig. 2), così che il
precisissimo disegno del Rovescio24 permette di assegnarla alla serie
celebrativa della VICTORIA GERMANICA, strutturata in sette nominali, dall’aureo, attestato però unicamente da una sospetta citazione di
Mionnet25, all’asse. Il quinario aureo (fig. 3)26 è ancora oggi ritenuto
della massima rarità, tanto che in RIC IV/2 gli viene assegnato un
grado 5, ossia il massimo della scala, mentre in MIR 27 si segnala la
conoscenza di due soli pezzi27. L’emissione, che non offre elementi
Fig. 2. Quinario aureo di
Massimino il Trace (CAYLUS
1762, tav. CXII, I)
Fig. 3. Quinario aureo di
Massimino il Trace (Paris,
Bibliothèque Nationale,
Cabinet des Médailles; MIR
27-2, tav. 10)
23
24
25
26
27
178
CAYLUS 1762, p. 313.
Caylus fu uno dei rari antiquari settecenteschi ad avere una buona pratica quale
disegnatore e incisore (CASTOR 2002; SCHNAPP 2002, p. 56).
COHEN 1860, p. 515, n. 106. Il pezzo non è accolto in MIR 27, mentre RIC IV/2, p.
142, n. 23, nota 23 lo cataloga, ma in attesa di conferma circa la sua autenticità.
RIC IV/2, p. 142, n. 23; MIR 27, n. 27-2: D/ MAXIMINVSPIVSAVGGERM. Busto visto leggermente di spalle, testa a d., di Massimo il Trace, con corazza, paludamentum e
corona di lauro. R/ VICTORIAGERM. Victoria drappeggiata, in piedi, di fronte, testa a
s., corona nella destra e palma nella sinistra; ai suoi piedi, prigioniero seduto a s.,
con la testa volta all’indietro.
A tutt’oggi, dunque, il nominale continua ad essere noto solo grazie all’esemplare
conservato a Parigi e a quello reimpiegato come castone di anello. Il pezzo parigino è citato anche in BMCEmp. VI, p. 238, n. 185*, con rimando a Cohen 105. Per
la serie 27, MIR 27 censisce anche 74 denarii, due quinarii, 103 sesterzi, dodici
dupondi e sei assi. La produzione aurea di Massimino non fu nel complesso
L’anello da Amiens. Un caso di studio della gioielleria monetale romana
per una precisa datazione, è assegnata da Carson al periodo compreso fra gennaio 236 e marzo/aprile 238, mentre Alram indica una
cronologia a partire dall’autunno del 236: i diversi punti di avvio sono
motivati dal differente momento individuato per l’assunzione del titolo di Germanicus da parte di Massimino, o nell’inverno 235 o nell’autunno dell’anno successivo28.
L’inserimento di un quinario aureo in un monile non è frequente. È
infatti generalmente privilegiato il ricorso al nominale in oro di valore
superiore. L’alloggiamento nel castone di una moneta di diametro e
peso più bassi poteva però essere consigliabile nella fabbricazione
degli anelli, così da creare gioielli di più agevole portabilità, anche se
i casi documentati, oltre all’esemplare in oggetto, sono soltanto tre.
Due di essi attestano un analogo reimpiego di un quinario aureo di
Severo Alessandro: il primo fu rinvenuto nel 1864 a Rouen29, il secondo è oggi conservato al British Museum, senza indicazioni circa il
ritrovamento30. Decontestualizzato è anche il terzo monile, dalla collezione Palagi oggi al Museo Civico Archeologico di Bologna, con
quinario aureo di Domiziano31. Eccezionale sembra essere invece la
collana/cintura da una tomba femminile di Emona (LaibachLjubljana)32, formata da una sequenza di otto quinarii aurei di Gallieno
racchiusi in cornice ed alternati a gemme. Quinarii aurei di Lucilla,
Commodo e Severo Alessandro incastonati in montature dotate di
due anellini simmetricamente disposti, sono stati invece interpretati
quali elementi di chiusura di collane monetali33, ovvero come parti di
28
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30
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32
33
abbondante: MIR 27, p. 35 cataloga solo 14 aurei, tutti emessi nella prima fase di
regno, mentre nella seconda è certa solo l’emissione di quinarii in oro.
RIC IV/2, p. 130; MIR 27, p. 26 (la salutatio sarebbe avvenuta a seguito della vittoria riportata da Massimino sugli Alamanni).
BRENOT, METZGER 1992, n. 16.
MARSHALL 1907, n. 266; YEROULANOU 1992, n. 279.
GUAITOLI 2010, p. 51, fig. 3c, secondo la quale l’anello, databile alla fine del I secolo d.C., sarebbe stato forse successivamente tesaurizzato come “bene di famiglia”. La Collezione di Palagio Palagi fu acquisita dall’istituzione museale bolognese nel 1860, alla morte del pittore.
Il ritrovamento avvenne nel 1914, ma il monile risulta oggi disperso (vedi da ultimo
PERASSI 2004, pp. 908-909, con bibliografia precedente).
FACSÀDY 1999-2000, pp. 299, 300, 307. I primi due pezzi sono conservati al British
Museum (MARSHALL 1911, p. 340, nn. 2868-2869); il terzo venne invece battuto
dalla casa d’asta Brüder Egger (gennaio 1912, n. 1171). Fermagli monetali come
quelli della collana dal tesoro di Beaurains, costituito da un aureo di Lucilla
(BASTIEN, METZGER 1977, p. 179, n. 3), e della collana da Lambaesis, con aureo di
Caracalla (PERASSI 2004, p. 900), sono effettivamente dotati di due nastrini in lamina aurea ripiegata e decorata da una serie di nervature, saldati a 30 e 270 gradi,
179
Claudia Perassi
spille34. È incerto infine l’inserimento di un quinario aureo di Salonino
in un pendente da esibire al collo rinvenuto in una sepoltura milanese35.
2.2 LA
TIPOLOGIA
La descrizione dell’anello proposta nel Recueil d’Antiquités si limita ad annotare come l’altezza del castone che trattiene la moneta su
entrambi i lati assicuri a quest’ultima una perfetta tenuta, preservandola nel contempo da ogni forma di usura. La sua protezione è
garantita anche dalla presenza di due piccole barre d’oro, incrociate
sul retro del monile, così che il quinario di Massimino può essere considerato «la Médaille ancienne la mieux conservée»36.
Inaspettatamente Caylus, pur riproducendo il monile da tre diverse angolazioni (fig. 4) non riserva nemmeno un cenno alla raffinata
lavorazione a giorno che impreziosisce il monile, facendo dell’anello
dall’ex collezione Pellerin uno splendido esempio del procedimento
dell’opus interrasile. Tale metodo di lavorazione dell’oro rappresenta
la principale innovazione tecnica della gioielleria romana e sarà utiliz-
Fig. 4. Anello con quinario aureo di Massimino il
Trace (CAYLUS 1762, tav.
CXII, I-II)
34
35
36
180
mentre quello della collana da Aboukir, con aureo di Severo Alessandro (PERASSI
2004, p. 903), è provvisto di una coppia contrapposta di anellini, che sono però
pressoché occultati sul rovescio del monile.
MARSHALL 1911, p. 340, nn. 2868-2869; VERMEULE 1975, nn. 13, 27. Le cinque spille dal tesoro ungherese di Petrianecz (YEROULANOU 1999, nn. 143-147: aurei di
Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio [2], Caracalla) erano originariamente dotate
di quattro anellini, oggi in parte scomparsi, saldati però sul retro dei gioielli, così
da permetterne il fissaggio alle vesti.
Nell’impossibilità di separare la moneta dal suo alloggiamento, per poterne verificare il peso e il diametro esatto, la catalogazione del nominale risulta incerta tra un
aureo e la sua metà, anche se esso presenta forti ed evidenti consonanze di iconografia e di stile proprio con un quinario aureo della dispersa collezione Mazzini
(PERASSI 2003a, pp. 16-19; PERASSI 2003b, pp. 518-525).
CAYLUS 1762, p. 314. Questo accorgimento non mi risulta attestato da nessun altro
anello monetale. Sono però pochissimi gli esemplari dei quali viene pubblicata
l’immagine anche della parte posta a contatto con il dito.
L’anello da Amiens. Un caso di studio della gioielleria monetale romana
Fig. 5. Pendente monetale
dal tesoro di Beaurains
(Collezione privata;
YEROULANOU 1999, fig. 1)
zato in ambito mediterraneo dal III al VII secolo37. Applicato ai monili monetali, consente di creare pezzi nei quali la leggerezza delle cornici decorate con un intaglio talora così fitto da richiamare quello di
una trina (fig. 5), si contrappone alla robustezza della superficie del
tondello dei nominali aurei racchiusi al centro.
Motivi a traforo vengono utilizzati nella produzione di anelli a partire dal III secolo, alleggerendo in tal modo le massicce forme in uso precedentemente e consentendo una maggiore varietà di forme. Le decorazioni possono essere incise a livello della verga, del castone e più frequentemente delle spalle (fig. 6)38, come è per l’anello dall’ex collezione Pellerin (fig. 7). In questo monile la struttura cuoriforme delle spalle
è occupata nel vertice inferiore da un piccolo rombo in lamina piena
con il centro ribassato, sopra al quale si dispone una decorazione in
opus interrasile con motivi speculari a volute e pelte. Due piccole barrette d’oro, saldate a quattro vertici del castone a dodici lati, permettono il raccordo fra le spalle e l’elemento decorativo centrale.
37
38
Vedi YEROULANOU 1999. Il complesso procedimento prevedeva innanzitutto la fabbricazione di una lamina d’oro, che il bractearius riduceva allo sottigliezza necessaria, battendola su un’incudine, fra due strati di pergamena. Tracciato poi il disegno decorativo, si procedeva alla perforazione dell’oro con un bulino e alla conseguente asportazione del metallo negli spazi che contornavano il motivo ornamentale, che veniva poi rifinito a cesello. La lamina era infine ripulita con materiali abrasivi (YEROULANOU 1999, pp. 15-18).
YEROULANOU 1999, pp. 66-67.
181
Claudia Perassi
Fig. 6a, b, c. Anelli con decorazione in opus interrasile, III d.C. (provenienza sconosciuta; dal tesoro di Eauze; da Köln; YEROULANOU 1999, figg. 102, 108, 97)
Fig. 7. Anello dall’ex collezione Pellerin (Paris, Bibliothèque Nationale, Bibliothèque
Nationale, Cabinet des Médailles, inv. n. 1266; YEROULANOU 1999, fig. 96; METZGER
1980, p. 82, fig. 4)
Conosco un unico anello monetale simile a quello pubblicato da
Caylus. Si tratta di un esemplare con aureo di Settimio Severo, apparso sul mercato antiquario nel 1959, con una precisazione della sua origine da Aboukir39 (fig. 8), non so quanto attendibile, anche se l’Egitto
ha restituito alcuni fra i più pregevoli gioielli romani impreziositi con
39
182
Ars Antiqua 1959, Auktion I, Mai 1959, n. 153; YEROULANOU 1999, n. 288.
L’anello da Amiens. Un caso di studio della gioielleria monetale romana
8 Anello con aureo di
Settimio Severo da Aboukir
(YEROULANOU 1999, fig. 270)
Fig. 9. Anello con castone
privo di gemma o moneta
(Paris, Bibliothèque
Nationale, Cabinet des
Médailles, n. inv. 508;
YEROULANOU 1999, n. 290)
monete40. Le differenze più notevoli si rilevano nel motivo della decorazione ad intarsio, poiché il vertice inferiore delle spalle non presenta
il piccolo rombo in lamina, mentre la decorazione a giorno utilizza solo
motivi a intrecci, anch’essi disposti però specularmente. Diverso è
anche il sistema di giuntura fra le spalle e l’alloggiamento della moneta: il castone, sulla sua originalissima struttura tornerò fra poco, di
un’altezza maggiore di quello dell’anello descritto da Caylus e di forma
ottogonale, per quanto almeno si riesce a percepire dalla fotografia del
catalogo di vendita, è infatti saldato direttamente alle spalle, senza la
mediazione delle due verghette utilizzate invece nell’altro esemplare.
Un confronto assai pregnante – sia negli elementi ornamentali
delle spalle sia nella forma del castone – si ha invece con un anello
aureo, datato al III-IV secolo, conservato anch’esso al Cabinet des
Médailles della Bibliothèque Nationale (fig. 9)41. Non se ne conosce
la provenienza ed è giunto purtroppo privo del piccolo oggetto circo40
41
Per una rassegna dei pezzi di provenienza egiziana, vedi PERASSI 2004, pp. 903-908.
YEROULANOU 1999, n. 290, n. inv. 508.
183
Claudia Perassi
Fig. 10. Anello con onice
incisa da Amiens (CAYLUS
1762, tav. CXII, III)
Fig. 11. Anello con moneta
dorata di Settimio Severo
da Nicopolis ad Istrum
(RUSEVA-SLOKOSKA 1991, pp.
79, 198, n. 264)
lare che doveva essere utilizzato come ornamento: una gemma ma
forse proprio una moneta d’oro. Se così fosse stato, esso rappresenterebbe un pendant perfetto dell’anello dall’ex collezione Pellerin.
2.3 LA
SCOPERTA
Grazie alla cura di Caylus è stata tramandata la circostanza della
scoperta dell’anello con quinario aureo di Massimino il Trace42. Esso
42
184
Sia per gli oggetti propri, sia per quelli avuti in prestito da altri collezionisti, Caylus
L’anello da Amiens. Un caso di studio della gioielleria monetale romana
venne dunque alla luce casualmente nel 1760 ad Hem, un sobborgo
di Amiens (Somme), a tre piedi di profondità (1 m ca.), durante attività per l’estrazione della torba, insieme con altri due anelli aurei43. Uno,
riferisce l’autore, «livré aux plus grands ennemis des Antiquaires & de
l’Antiquité [...] a été fondu sans pitié», così che egli poté vedere solo
la gemma che lo decorava, ossia un’onice nero-bluastra sulla quale
era incisa la figura di un leone al passo: «et le travail Romain n’en est
pas mauvais»44. Del secondo Caylus indica invece il peso, corrispondente a 24 gr circa, e riproduce ben tre disegni, da altrettante differenti angolazioni (fig. 10)45. Si tratta dunque di un pesante monile elissoidale, decorato con un’onice ovaleggiante dello stesso colore della
precedente, che recherebbe incise, da destra a sinistra e in senso
retrogrado, le lettere QRH46. La fascia si ingrossa e si allarga nelle spalle ornate da due pelte contrapposte, assumendo sulla parte anteriore
una forma esagonale, movimentata da nervature che ne rimarcano il
profilo. Questo tipo di monile fu in uso nel corso del III secolo47, con
un interessante confronto nell’anello in bronzo dorato rinvenuto nei
pressi di Nicopolis ad Istrum (Bulgaria; fig. 11). Nel castone è inserita
una moneta di Settimio Severo ricoperta anch’essa d’oro, descritta
come «a bronze coin»48. Le dimensioni dell’alloggiamento (23x19 mm)
sembrano però inadatte a contenere un esemplare eneo di tale imperatore. Poiché gli scavi condotti a Nicopolis fra il 1985 e il 1992 hanno
segnalato una forte presenza di denarii suberati, dei quali si è conservato solo il nucleo in metallo vile49, è ipotizzabile che l’anello reimpieghi con funzione ornamentale proprio il tondello di un denario di questo tipo, privo della pellicolatura argentea.
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dimostra sempre una grande attenzione nel recuperare il luogo e l’occasione del
rinvenimento (vedi AGHION 2002, p. 25; SCHNAPP 2002, p. 56).
CAYLUS 1762, p. 315.
CAYLUS 1762, p. 315.
CAYLUS 1762, p. 314, tav. CXII, nn. I-II.
CAYLUS 1762, p. 314. L’indicazione epigrafica viene intesa come «les initiales du
nom de l’ancien possesseur de cette bague». Ritengo che nella terza lettera sia
forse più esatto riconoscere una “N”.
DEPPERT-LIPPITZ 1988.
RUSEVA-SLOKOSKA 1991, n. 26 (Sofia, Museo Nazionale; propone una datazione al
II-III secolo). Sul Diritto è ben leggibile la testa dell’imperatore con corona di lauro,
rivolta a destra, e la legenda SEVERVS-PIVSAVG. Il Rovescio non è visibile.
BUTCHER 1995, p. 306: dei quindici denarii e antoniniani datati fra l’età di Adriano
e quella di Severo Alessandro, solo sei sono in argento, con leghe più o meno svalutate (per un esemplare suberato a nome di Settimio Severo, vedi p. 280, n. 114).
185
Claudia Perassi
Caylus segnala infine come a Hem qualche anno prima, nella stessa località e ancora nel corso di operazioni per l’estrazione della torba,
fosse venuto alla luce «un grand nombre des médailles de cuivre», ma
a una profondità maggiore rispetto al secondo ritrovamento, ossia a
poco più di 1 metro e mezzo dal piano di calpestio50. Pierre Callu e
Xavier Loriot interpretano pertanto i tre monili da Amiens/Hem come
parte di un probabile piccolo tesoro, forse da mettere in relazione con
il ritrovamento monetale avvenuto in precedenza51. La notizia di quest’ultima scoperta venne riferita con maggior ampiezza, sul finire del
Settecento, anche dallo storiografo dom Pierre-Nicolas Grenier (17251789)52. È così possibile ricostruire il deposito come composto da «un
grand nombre de médailles en grand bronze du Haut Empire»53, dunque da sesterzi, dei quali l’autore vide però soltanto due esemplari,
non è chiaro se a nome di Nerva o di Traiano54. La datazione al 236238 del quinario aureo di Massimino il Trace incastonato nell’anello
recuperato qualche anno più tardi, potrebbe indiziare una composizione del tesoro – forse non recuperato integralmente – che includeva anche nominali successivi alla fine del I-inizi del II secolo d.C.
L’occultamento di monili di tipo monetale all’interno di tesori è
documentato per la Gallia55 dai ritrovamenti di Levesville-la-Chenard,
loc. “La Mône” (Eure-et-Loir)56 e di Rouen (Seine-Maritime)57. Tali
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CAYLUS 1762, p. 315.
CALLU, LORIOT 1990, p. 446, n. 2 (vedi anche BRENOT, METZGER 1992, n. 43).
L’opera monumentale Histoire de Picardie, alla quale il padre benedettino lavorava da
oltre quarant’anni, rimase incompiuta ed inedita alla sua morte, a parte un capitolo
che venne pubblicato nel 1856. I manoscritti confluirono nel Cabinet des Manuscrits
della Bibliothèque Nationale agli inizi dell’Ottocento (vedi DELMAIRE 1982, p. 119).
DELMAIRE 1982, p. 121, n. 1-1° (Ms 42, 354 r°; Ms 179, 185 r°: il luogo del ritrovamento è indicato come «faubourg de Ham»).
Grenier li assegna senza esitazione all’imperatore Nerva, ma poiché a seguito dell’adozione anche Traiano assunse il nome del predecessore, CALLU, LORIOT 1990,
p. 446, n. 2 non escludono la possibilità che i sesterzii possano invece appartenere alla produzione monetale traianea.
Sul frequente nascondimento di anelli non di tipo monetale all’interno di tesori di
ambito gallico, vedi GUIRAUD 1989, p. 206.
Le notizie relative alla scoperta, avvenuta nel 1859, sono piuttosto confuse. Viene
pertanto segnalata la presenza di un anello in argento decorato con una moneta
aurea di Marco Aurelio, all’interno di un deposito monetale, la cui esatta composizione è oggi di difficile verifica, poiché esso venne pressoché interamente disperso (FERDIERE 1986, p. 17, n. 45). Il tesoro sembrerebbe essere stato formato dunque da un numero di monete (sesterzii e antoniniani?), variabile da oltre 8.000 a
oltre 10.000, con un excursus cronologico da Augusto agli imperatori gallici
(FERDIERE 1986, p. 15, n. 37; vedi anche BRENOT, METZGER 1992, n. 10).
Vedi sopra, nota 29; nel tesoro, oltre a una quantità imprecisata di monete, erano
L’anello da Amiens. Un caso di studio della gioielleria monetale romana
monili, pertanto, dovevano essere considerati, oltre che oggetti dall’appariscente funzione ornamentale, anche una sezione cospicua del
patrimonio domestico, tanto da essere nascosti, in momenti di pericolo, fra i beni familiari. La vaghezza della notizia sul ritrovamento di
Amiens riferita da Caylus non permette di escludere, nel contempo,
che il contesto fosse invece relativo a un ambito funerario, come è per
qualche altro raro anello monetale. Se una deposizione in tomba è
incerta per l’esemplare da Orléans già menzionato58, tale origine è
invece sicura per l’anello da Chichester, citato poco sopra59. Esso fu
infatti ritrovato nella cremazione n. 3 della necropoli cittadina, il cui
periodo di utilizzo si estende dall’inizio alla metà del III secolo d.C..
3. GLI
ANELLI MONETALI ROMANI: FRUITORI E FUNZIONE
L’innovativa metodologia sviluppata da Caylus nel Recueil
d’Antiquités considera l’oggetto quale punto di partenza per lo studio delle antichità. Sia esso un manufatto di poco conto oppure un
capolavoro, viene dapprima catalogato e disegnato, per essere infine interpretato, con l’eventuale ricorso alle fonti scritte contemporanee60. Il fine della scienza antiquaria consiste infatti nell’assegnare le
testimonianze pervenute dal passato a un territorio e ad un’epoca e
nel comprendere la loro funzione61.
Per quanto attiene all’anello da Amiens, Caylus individua l’impulso
che indusse «les Romains les plus considérables» a inserire monete
con il ritratto imperiale in oggetti dell’ornamento personale nella loro
«basse flatterie [...] à l’egard des Empereurs», alla quale si assommava una considerazione dell’immagine di questi ultimi «comme une
Divinité tutélaire», così da sfoggiarla in spille e in altro monili «comme
une amulette»62. A conferma della diffusione dell’uso di reimpiegare
58
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62
stati occultati anche una collana aurea, altri quattro anelli e alcuni bracciali. La data
del nascondimento è indicata intorno alla metà del III secolo d. C. da BRENOT,
METZGER 1992, n. 16.
Vedi sopra, nota 15. Nella stessa località era stato ritrovato in precedenza un primo
anello aureo, di dimensioni minori, ornato da una gemma raffigurante Victoria
(DESNOYERS 1895-1897, pp. 378-379).
Vedi sopra, nota 12.
Il percorso attuato dall’antiquaria precedente partiva invece dalle fonti scritte per
trovare un oggetto che le illustrasse (vedi SCHNAPP 2002, pp. 56-57).
SCHNAPP 2002, p. 59.
CAYLUS 1762, pp. 313-314.
187
Claudia Perassi
monete in gioielleria, Caylus cita «le médaillon d’or de Tétricus, et que
l’on conserve dans le Cabinet du Roi»63, la cui funzione dovette senza
dubbio esplicarsi nel fissaggio sulla spalla della toga o del mantello,
come si desume dal suo inserimento in «une large bordure d’or,
accompagnée de deux bélières»64. L’importanza essenzialmente
numismatica attribuita da Caylus a tale classe di monili è chiarita dall’auspicio che si possano ritrovare «toutes les parures de cette éspèce»: sarebbe così possibile avere a disposizione monete in perfetto
stato di conservazione, grazie alla protezione che loro assicurano l’aggetto e lo spessore delle montature nelle quali furono inserite65.
La funzione e i fruitori degli anelli monetali sono aspetti ancora oggi
non completamente chiariti, partecipando della articolata, e tuttora piuttosto confusa questione relativa al diritto all’uso di anelli aurei nella
società romana, dove fu rigidamente codificato, pur con numerose
deroghe ad personam66. Chiamato in causa è soprattutto un rescritto di
Settimio Severo del 197, riportato da Erodiano (III, 8, 5), con il quale
venne accordato ai soldati il diritto all’anello d’oro: si tratterebbe di tutti
i legionari secondo alcuni studiosi67, solo dei principales secondo altri68.
In questo collegamento degli anelli aurei con il mondo dell’esercito, Frederick Marshall interpretò quelli di tipo monetale quali decorazioni elargite dall’imperatore ai soldati che si erano distinti sui campi
di battaglia, a motivo delle raffigurazioni di tipo militare impresse sui
nominali in oro incastonati in alcuni monili conservati nella collezione
del British Museum69: Victoria con corona e palma; i Tetrarchi in atto
63
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CAYLUS 1762, p. 314. Il pezzo, acquistato pochi anni prima, era stato illustrato da
Claude Gros de Boze in uno studio finalizzato a chiarire le vicende storiche dell’imperatore Tetrico attraverso le sue monete (DE BOZE 1759). Partecipe dello scarso
interesse riservato dai numismatici del tempo ai gioielli monetali, de Boze tralascia
ogni considerazione tipologica o funzionale dell’oggetto, che vengono affidate alla
sua riproduzione grafica (pp. 504-505), limitandosi a osservazioni di carattere storico, relative al nominale aureo che vi è incastonato.
CAYLUS 1762, p. 314.
CAYLUS 1762, p. 314. Per i primi, più o meno esaustivi, tentativi di catalogazione
dei gioielli monetali romani si dovrà in effetti attendere la fine del XIX secolo e gli
inizi del successivo (vedi MOWAT 1889; GADANT 1910).
Agli inizi dell’età imperiale lo sfoggio dell’anello in oro dovette essere riservato agli
uomini di rango senatoriale e in parte anche equestre. Nel 23 d.C. al possesso del
censo equestre venne unito il requisito di una nascita da padre e nonno liberi,
mentre l’esigenza patrimoniale fu abolita da Commodo. Seguirebbe, secondo
DELOCHE 1896, p. 204, già nel corso del primo terzo del III secolo, l’estensione della
concessione a tutti gli ingenui.
DELOCHE 1896, p. 197; MARSHALL 1907, p. 20; GUIRAUD 1989, p. 174, nota 1.
HENKEL 1913, p. 337.
MARSHALL 1907, p. 20 (l’ipotesi fu condivisa pochi anni dopo da HENKEL 1913, p. 337).
L’anello da Amiens. Un caso di studio della gioielleria monetale romana
Fig. 12. Aureo di Marco
Aurelio, 166-167 d.C.
(Numismatica Ars
Classica, 46, 2008, n. 587)
Fig. 13. Aureo di
Elagabalo, 219 d.C.
(Numismatik Lanz, 145,
2009, n. 130)
Fig. 14. Aureo di Severo
Alessandro, 228 d.C. (Ira &
Larry Goldberg Coins & Collectibles, 55, 2009, n. 186)
di sacrificare davanti alle mura cittadine; Roma con Victoriola; Marte
con trofeo e lancia (figg. 12-14)70. Il Rovescio del quinario aureo di
Massimino inserito nel castone dell’anello da Amiens sembrerebbe
dare conferma a tale ipotesi, poiché celebra la vittoria ottenuta dall’imperatore sulle popolazioni germaniche, raffigurando la dea, dotata dei consueti attributi della corona e della palma, al fianco della
quale siede a terra un prigioniero, con le braccia legate dietro alla
schiena e con lo sguardo sollevato verso di lei (fig. 15).
L’interpretazione dei monili monetali quali ricompense militari
potrebbe trarre sostegno anche dallo scarso numero di questi oggetti a noi pervenuti e dalla loro sempre alta qualità, a differenza dei pendenti con moneta, che possono essere talora di una fattura piuttosto
trascurata71, indiziando una produzione, almeno in età medioimperiale, in un ambito non ufficiale72. Anche il dato cronologico, con uno
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MARSHALL 1907, p. 45, n. 260; p. 46, nn. 264-266. La moneta di Diocleziano è
descritta come un aureus, ma il tipo del Rovescio sembra rimandare invece ad un
argenteus, come conferma anche la citazione di Cohen indicata da Marshall. Si
potrebbe dunque trattare di un nominale in argento che subì un’operazione di
doratura al momento del suo riutilizzo con funzione esornativa.
È il caso, per esempio, del più volte citato ciondolo con moneta di Salonino (vedi
sopra, nota 1). La poca accuratezza della fattura si nota sia nella grossolana
modalità di fissaggio del nominale all’interno del castone sul rovescio del gioiello,
sia nell’irregolarità del motivo decorativo a ovuli e palmette della cornice. Ancora
di più maldestra confezione risulta un pendente decontestualizzato con aureo di
Severo Alessandro, nel quale la moneta è trattenuta sul rovescio anche da due piccole grappe di rinforzo, per l’inadeguatezza della lamina preposta a tale funzione
(PERASSI 2003a, p. 20).
PERASSI 2004, p. 921.
189
Claudia Perassi
15 Denario di Massimino il
Trace della serie
VICTORIA GERMANICA
(Baldwin’s Auctions Ltd,
The New York Sale IV,
2002, n. 386)
sviluppo della classe soprattutto nel corso del III secolo, potrebbe
confermare un legame con il provvedimento di Settimio Severo73.
Si tratterebbe pertanto di monili di uso esclusivamente maschile74.
Il solo anello monetale pervenuto, dotato di un’indicazione onomastica è quello da Aboukir poc’anzi descritto75, sul cui alto castone è incisa la scritta MARCILLIN: priva della desinenza finale, impedisce purtroppo il riconoscimento del proprietario del monile in un Marcillinus piuttosto che in una Marcillina. I diametri interni degli anelli con moneta
che mi sono noti si attestano intorno ai 19-21 mm (com’è per quello
da Amiens)76, con una misura massima di 24, adatti dunque a dita virili, tenuto anche conto che, secondo Plinio (XXXIII, 6, 24), era costume
indossare monili a tutte le dita della mano, ad esclusione del medio,
considerato impudico, compresa la zona delle articolazioni77. Non
manca, però, qualche anello di dimensioni ancora minori78, che sembrerebbero più consone a mani di donna. Un ulteriore dato sul quale
riflettere è l’associazione dell’anello da Chichester con un paio di anellini in bronzo molto corrosi, da interpretare forse quali orecchini79, dato
che qualificherebbe la cremazione come femminile, confermando la
suggestione offerta dal piccolo diametro interno dell’anello (16 mm).
Il ricorso nella fabbricazione degli anelli monetali anche a metalli
diversi dall’oro, come l’argento e il bronzo dorato80, sgancerebbe tale
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Sugli aspetti cronologici di tali monili, vedi PERASSI c.d.s.
COSÌ METZGER 1980, p. 82; PIRZIO BIROLI STEFANELLI 1991, p. 90; MORELLI 2009, p. 97.
Per anelli non monetali con iscrizioni onomastiche, YEROULANOU 1999, p. 165.
CHABOUILLET 1858, p. 388, n. 2636. I pesi degli anelli monetali indicati in bibliografia variano da 11,85 gr a 37,44 gr.
Tale uso è riservato da Clemente Alessandrino solo alle donne (Paid. III, 11), mentre agli uomini concede di indossare anelli unicamente alla base del mignolo. Sulla
problematica, vedi DELOCHE 1896, pp. 255-258.
È il caso di quelli da Nicopolis ad Istrum (15x19 mm) e da Chichester (16 mm), già
citati (vedi note 12, 48), oltre che di un terzo in argento da Avenches con nominale argenteo di Adriano (21,5x15 mm; HENKEL 1913, pp. 54-55, n. 398).
Gli oggetti di corredo comprendevano anche una spilla circolare in bronzo smaltato e due frammenti molto usurati di un probabile orecchino in argento.
Richiamo gli esemplari da Rouen, Chichester, Avenches, Nicopolis ad Istrum.
L’anello da Amiens. Un caso di studio della gioielleria monetale romana
classe di monili dalla notizia riferita da Erodiano, che fa infatti esplicito riferimento a soli anelli aurei, a meno di immaginare una graduazione della preziosità delle “onorificenze” elargite dall’imperatore in relazione alla qualità del gesto eroico compiuto dal soldato in battaglia.
Anche la classe degli anelli, infine, partecipa della ancora oggi irrisolta questione che è alla base di tutta la produzione romana di gioielli monetali, e sulla quale ancora dovremo a lungo interrogarci, ossia
il motivo per cui si ricorse all’inserimento di monete pro gemmis in
oggetti dell’ornamento personale. Numerose sono le ipotesi interpretative avanzate, che potrebbero anche non escludersi a vicenda:
motivazioni di tipo economico, che indussero alla tesaurizzazione di
monete in metallo prezioso in un periodo di forte crisi economica;
valore ideologico-politico assunto dal ritratto imperiale, quasi sempre
posto nel lato a vista dei monili; opzione estetica, con la predilezione
di monili molto vistosi; precoce gusto collezionistico, che diede visibilità a monete particolarmente belle e rare; funzione amuletico-talismanica demandata alle monete portate su di sé.
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o in mistura è attestata anche da qualche raro pendente monetale, che utilizza,
però, costantemente l’oro per il sistema di fissaggio e sospensione della moneta
(PERASSI 2007, pp. 251-252).
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